Negli ultimi anni le aspettative nei confronti del potenziale di sfruttamento economico dei risultati della ricerca si sono intensificate, aprendo il confronto tra territori impegnati nella creazione di condizioni “abilitanti” per lo sviluppo di innovazione e ricerca, ed evidenziando casi di eccellenza a livello internazionale.
Tra questi, l’Oxford University Innovation (GB): realtà che – grazie a una chiara missione, competenze molto qualificate, capitale ‘paziente’ e attività lungimiranti negli anni, oltre alla vicinanza ad un network strutturato e all’accesso a ottima ricerca – ha generato un impatto economico significativo in termini di fatturato, nuove aziende, posti di lavoro… un impatto importante per l’economia del proprio Paese. L’Oxford University Innovation è il più grande ufficio di trasferimento tecnologico d’Europa. Nato nel 1988 con l’obiettivo di gestire la terza missione della sua Università, negli anni è diventato un ponte perfetto tra il mondo dell’industria e la ricerca, tra la domanda e l’offerta di tecnologia.
In Inghilterra, se un ricercatore dell’Università di Oxford ha l’ambizione di commercializzare la propria idea sa perfettamente da chi andare e sa di potersi fidare. Negli anni l’Oxford University Innovation si è specializzato assumendo figure professionali “di cerniera” in grado cioè di far convergere domanda e offerta. Così facendo, l’Università è stata in grado di svolgere a pieno la terza missione.
Oxford Key Numbers
6.335 ricercatori, 2873 brevetti, 612 milioni di sterline investiti in R&D (2014),
102 milioni di sterline investiti in 98 spin out (dal 2000).
Ad Oxford l’attività di tech transfer genera risorse non banali. Nel 2016 si calcola un ritorno per l’Università e i suoi ricercatori di circa 9.6 milioni di sterline.
Trasferire la propria idea al mercato non è vissuto dunque come un’espropriazione della propria idea bensì come un prestigio, senza dimenticare il valore economico. Oxford dimostra che se si riesce a creare un ponte tra la domanda e l’offerta, tutti si ritrovano a parlare lo stesso linguaggio e gli interessi finiscono per allinearsi, diventando comuni. Inoltre, l’attività di commercializzazione intrapresa dalla Oxford University Innovation ha contribuito a generare circa mezzo miliardo di sterline di valore aggiunto (GVA) per l’economia globale nel 2012/13 e ha contribuito alla creazione di quasi 5.000 posti di lavoro nel mondo (circa 3500 solo nel Regno Unito).
In Europa ci sono diversi casi di uffici di TT eccellenti ed efficienti (KU Leuven R&D (LRD) a Lovanio, l’Imperial Innovations nel Regno Unito,…), alcuni di questi, come Ascenion in Germania e l’MRC-T nel Regno Unito, sono specializzati nelle Scienze della Vita. Entrambi sono stati costituiti intorno al 2000 per colmare il gap tra ricerca di base e applicazione commerciale, con una missione chiara: valorizzare al meglio il potenziale della ricerca innovativa in ambito Scienze della Vita. Entrambi hanno raggiunto l’obiettivo di trasformare la ricerca più promettente in trattamenti sostenibili e accessibili ai pazienti, generando importanti ritorni economici per i propri partner.
Anche in Italia esistono strutture che grazie a una chiara missione, una forte specializzazione nel settore e competenze molto qualificate sono riuscite a ottenere risultati degni di nota e promettenti. Nell’ambito delle Scienze della Vita vale la pena citare l’Ufficio di Trasferimento Biotecnologico dell’Istituto Scientifico San Raffaele e TTFactor, azienda privata che si occupa del trasferimento tecnologico dei progetti di ricerca di tre organizzazioni di eccellenza: l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM) e il Centro Cardiologico Monzino (CCM).
Tuttavia, soprattutto in questo settore, è diventato particolarmente evidente come la ricerca italiana stia producendo da anni risultati che non sempre vengono adeguatamente valorizzati.
Nonostante l’Italia sia il 1º Paese nel mondo per numero di citazioni per ricercatore, per produttività della ricerca in termini di pubblicazioni per ricercatore, e il 4º Paese in Europa per valore della produzione in settori ad alta tecnologia, il sistema del Trasferimento Tecnologico presenta alcune criticità strutturali e organizzative, che ostacolano il trasferimento dei risultati della ricerca in valore (brevetti, accordi commerciali, creazione di nuove imprese), e quindi limitano le opportunità di attrazione di capitali di rischio, creazione di occupazione qualificata e ricadute industriali future.
Per superare la “valle della morte”, facendo sì che all’alta densità scientifica corrisponda un’adeguata densità brevettuale, e per avviare un circolo virtuoso innovazione-produttività-crescita-occupazione, così come avvenuto in altri Paesi, sono state condivise tre proposte, discusse in modo approfondito durante la riunione:
- PROPOSTA 1 –> Creare un Transfer Lab specializzato nel settore biotech.
- PROPOSTA 2 –> Avviare una campagna congiunta MIUR, MiSE e Ministero della Salute per sensibilizzare università, centri ricerca e IRCCS a diffondere la cultura del trasferimento tecnologico e della brevettazione.
- PROPOSTA 3 –> Avviare un percorso di Education nelle scuole, università e centri ricerca per formare le nuove generazioni al tech transfer e all’imprenditorialità e per diffondere un messaggio importante: «fare impresa crea valore».
In Italia l’industria biotecnologica ha conosciuto uno sviluppo straordinario riconducibile all’eccellenza della nostra ricerca accademica e industriale, ma la valorizzazione dei risultati della ricerca biotech richiede competenze molto specializzate, tempi estremamente lunghi e investimenti importanti, con un’alta percentuale di rischio.
Per questo un Transfer Lab specializzato nel biotech darebbe un grande boost. Soprattutto in quest’epoca di scoperte mediche eccezionali, nella quale il biotech rappresenta una fonte di discovery ampia e ad alto potenziale innovativo.
Il Transfer Lab NON andrebbe a sostituire gli uffici TT già esistenti, ma li affiancherebbe, fungendo da COMPETENCE CENTER specializzato, con la missione di trasferire i risultati della ricerca al mercato, attraverso 2 tipologie di attività:
- Revisione dei processi di TT esistenti, adottando best practice consolidate; supporto nella comunicazione vs ricercatori e potenziali investitori; iniziative mirate di Education.
- Consulenza specifica sui progetti più interessanti: identificazione delle opportunità, analisi e valutazione del rischio imprenditoriale, elaborazione business plan, supporto nelle fasi di valorizzazione.
Siamo tutti d’accordo nell’affermare che parte dell’immobilismo italiano, e dunque la scarsa consapevolezza delle opportunità del Tech Transfer nel nostro Paese, sono dovuti ancora a questioni culturali: l’eccessiva stigmatizzazione del fallimento, la bassa fiducia nelle proprie potenzialità da parte dei giovani, la bassa cultura del rischio, l’inadeguatezza dell’ambizione alla crescita e il “nanismo” imprenditoriale: l’Italia ha 403.000 imprese manifatturiere, il doppio di Francia (207.000) e Germania (204.000) e quasi il doppio della somma di Spagna (161.000) e Regno Unito (124.000).
Eppure qualcosa nel nostro Paese si è messo o si sta muovendo.
- Nel 2017, l’Italia è 2º Paese in Europa per misure fiscali favorevoli all’innovazione (+20 posizioni rispetto al 2016)
- Il Tech Transfer è una priorità del MiSE che sta lavorando ad un Bando di 50 milioni di Euro per la creazione di competence center dedicati
- Nel 2016 Cassa Depositi e Prestiti, in collaborazione con il Fondo Europeo per gli Investimenti, ha dato vita a ITAtech, la prima equity investment platform italiana dedicata ai processi di trasferimento tecnologico, con una dotazione di 200 milioni di Euro.
L’opportunità è oggi ma occorre fare presto!
La Lombardia potrebbe essere il territorio ideale da cui partire. A Milano ci sono 3000 multinazionali, il 34% di quelle presenti in Italia. La regione conta 12 istituti del CNR, 14 università, 19 istituti di ricovero e cura (IRCSS). Il 20% degli UTT dedicati al settore delle Life Sciences e il 23% delle start-up innovative si trovano a Milano.
La missione del Technology Forum Life Sciences 2017
Rendere l’Italia il Paese che vorremmo per il bio-farmaceutico del futuro: un player rilevante in ricerca, sviluppo, produzione e accesso di prodotti innovativi e biotecnologici.
Sono intervenuti:
- Andrea Alunni (Senior Advisor, Oxford University Innovation; Chairman, LINKS)
- Paolo Bonaretti (Consigliere per le Politiche Industriali del Ministro dello Sviluppo Economico; Direttore Generale, ASTER)
- Giovanni Leonardi (Direttore Generale della Ricerca e dell’Innovazione, Ministero della Salute)
- Mario Calderini (Consigliere per le Politiche di Ricerca e Innovazione del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; G7 Science, Sherpa).
L'articolo Trasferimento tecnologico e cultura dell’imprenditorialità: due priorità per il nostro paese sembra essere il primo su The European House Ambrosetti.